Come lavorare in team in modo efficiente?

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In questa puntata del podcast Conversations andremo ad esplorare alcune best practices e cercheremo di dare risposta a tutte le domande riferite al team building e alla leadership. Il nostro ospite sará Ale Argenio, Interaction Designer presso IDEO, azienda di progettazione mondiale famosa per i suoi metodi di progettazione e innovazione

 

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Che cosa significa successo per un team?

Ale Argenio: All’inizio di ogni progetto bisogna sempre domandare ad ogni membro del team: “Che cosa vorresti imparare attraverso questo progetto?”. Questo punto è molto importante poiché permette di fissarsi degli obiettivi da raggiungere. Successivamente è utile fare il punto della situazione per capire se si è gli obiettivi sono stati raggiunti, quali ostacoli si sono incontrati e se i processi lavoro possono essere migliorati.

 

Quanto è importante la verticalità nei team grandi?

Ale Argenio: La struttura dei team all’interno delle aziende, sia piccole che grandi, condiziona molto la ripetibilità del processo progettuale. Con la comunicazione virtuale, accentuata dalla pandemia, si aggiungono molte sfide, soprattutto un livello di complessità che richiede ancora di più sentirti parte del gioco. Il team leader, anche in scala maggiore, deve insegnare la cultura dell’aiuto. Non esiste una visione verticale dei ruoli, ma bisogna introdurre più soft skills più orizzontali

Come team leader, considero spesso il team stesso come parte di ciò che consegno. Sembra assurdo da dire ma a volte incontro team multidisciplinari che lavorano insieme per la prima volta e noto frizioni e perplessità iniziali fino alla gioia delle fasi finali.

 

In che modo delle attività possono creare un clima collaborativo?

Ale Argenio: In IDEO, una volta a settimana scegliamo un tema, come ad esempio i grandi detective nella storia, e organizziamo un gioco a cui dedichiamo circa 20 minuti per sviluppare il pensiero laterale. In questo tempo abbandoniamo il progetto per riuscire ad avere un momento di gioia. Durante la mattinata diventa solitamente questo tema ci accompagno, ad esempio  nello sfondo della chiacchierata, riuscendo a far emergere anche passioni e hobby dei componenti del team.

Andrea Pinchi: Soprattutto in un momento del genere, dove si lavora molto a distanza e si creano poco quelle dinamiche di scoperta improvvisa, il gioco può aiutare gli altri a capire chi io sia e a come potersi relazionare con me; se questo elemento manca, riesce difficile cooperare in larga scala. 20 minuti, presi dal progetto, non sono niente rispetto all’impatto emotivo che questi momenti hanno.

 

Quali sono state le tue strategie quando le cose non andavano bene?

Ale Argenio: A volte i brainstorming virtuali, su software come Figma o Miro, funziona meglio di quelli tradizionali, soprattutto per le persone introverse. 

Quando invece nascono dei conflitti, trovare una soluzione in remoto diventa molto più complicato. Per cercare di risolverli, bisognerebbe giocare con la persona e non con il problema. Alcune persone riescono a risolvere un conflitto solo se si sentono ascoltate, perciò ho istituito un momento “pausa caffè” in cui ho due o tre momenti della settimana dove qualsiasi membro del team può prenotarmi per una chiacchierata, anche solo informale e slegata dal progetto. 

Per risolvere i conflitti bisogna sempre allontanare il conflitto e far vedere l’immagine complessiva. A volte questo conflitto deriva semplicemente da stanchezza e stress, questo lo noti anche solo in base a quanto il team sia predisposto allo scherzo

All’inizio della creazione di ogni team, bisogna sempre avere una fase iniziale dove stabilisci le tue regole, fai domande per capire che tipo di comunicazioni preferisci o come gestisci gli orari della giornata.

Un’altra tecnica potrebbe essere quella di creare un mini sito dove ognuno può lasciare dei commenti anonimi, che poi verranno ripresi nei momenti insieme. Bisogna far capire che nessuno ha qualcosa contro quella determinata persona ma che magari si può solamente trattare di atteggiamenti o risposte date in un momento di tensione.

 

Come cambieranno le modalità di lavoro post Covid?

Ale Argenio: Mi auguro una grandissima flessibilità, soprattutto sul fatto che io non debba dimostrare di entrare in studio ad un orario fisso ma che il giudizio si basi molto di più sulla qualità dell’operato. Una qualità dove il lavoro asincrono diventa al pari di quello sincrono. 

Per lavorare da casa, la fiducia deve essere alla base. Molte aziende affrontano per la prima volta la loro frizione naturale dovuta alla mancanza di fiducia nei loro dipendenti che prima potevano osservare direttamente in ufficio. 

Se il lavoro viene fatto correttamente, durante la fase di inizio e di fine giornata, il momento passato in team diventa gioioso, non un elenco della spesa rispetto alle task compiute durante la giornata. 

Il lavoro asincrono determina il poter lavorare con i tuoi tempi.


Andrea Pinchi: Non possiamo essere paragonati e paragonabili alle macchine. Se oggi dobbiamo mettere in campo tutte le capacità umane, allora è ovvio che dobbiamo valorizzare questo essere umani. Se noi designer riusciamo a creare prodotti e servizi per umani, magari siamo anche in grado di costruire modalità di lavoro più umane.


Ale Argenio: Ho degli amici che lavorano in centri di ricerca e sviluppo in moltissime aziende e, nel loro caso, l’umanizzazione avuta nel passaggio ad online in modo coercitivo ha portato molto ad una tensione dovuta alla confidenzialità del materiale che trattano quotidianamente. Non si tratta più di una questione di fiducia, ma di sicurezza.

Un domani potremmo sempre collaborare maggiormente con automi. Ci sono un paio di studi di design in Europa che hanno iniziato ad avere i primi Art Director che sono dei chatbot, ovviamente come provocazione ma in quel caso nel loro team è presente un Art Director virtuale.


Andrea Pinchi: L’intelligenza artificiale sta iniziando ad essere presenti in board decisionali nelle aziende, che investono in borsa e fanno tantissime attività. Ci troviamo in una fase sperimentale, ma sarà molto interessante notare come si evolveranno le relazioni con questi nuovi soggetti.

 

Quali difficoltà hai avuto tu direttamente?

Ale Argenio: Il cantiere emotivo su cui stiamo lavorando è ancora aperto. Per Munari il gioco era fermare il tempo e superare il limite. Stiamo scoprendo un mondo nuovo.

Una delle parti più difficili per me è la mancanza di contatto umano, abbracciare il mio team, stare con loro o scherzare con loro. Questo si può colmare con una vicinanza digitale che abbiamo trattato precedentemente, non colma ma si avvicina al disegnare un sorriso.

Quando c'è un momento di tensione, sento il bisogno di capire come mi sento io, il mio grado di stanchezza, e sono molto più propenso a dire non lo so, invece di far finta di avere sempre la risposta a tutto. Ho imparato anche ad alzare la mano e a posticipare il mio lavoro, data la mia stanchezza. La vera umanizzazione inizia proprio da questo. Forse, per la prima volta, ci stiamo accorgendo dell’importanza della salute mentale.

 

Come posso attivare delle buone pratiche all’interno del mio lavoro?

Ale Argenio: Giocate d'anticipo. Studiate la linea temporale del progetto, i membri del team e la gestione dello stress collettivo. 

L’anticipazione, che è parte delle metacompetenze, si forma nel tempo. Alcune università di design lo insegnano somministrando una consegna impossibile ai propri studenti e insegnando loro come gestire lo stress.

Se vi rendete conto che la situazione nel vostro team è insostenibile, prendetevi mezzo pomeriggio e fate altro, anche se sembra assurdo.

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